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Santuario della Madonna degli Alpini

Il Santuario dedicato alla Madonna degli Alpini di Chiesa Valmalenco è posto in uno stupendo scenario di montagne tra cui spicca la piramide del Pizzo Scalino. La chiesa, oltre la sua funzione sacrale, svolge anche un ruolo civile: nell'ampio piazzale si radunano spesso rappresentanti di vari corpi militari italiani e stranieri davanti al monumento “all’Alpino d’Italia”, realizzato nel 1984 su disegno dell’artista locale Silvio Gaggi in serpentino della Valmalenco. Ai piedi di un masso sormontato dall’aquila e il tipico cappello in bronzo, sono collocate una pietra e della terra portate da Nikolajewka nel 1991, a ricordo della tragica ma anche gloriosa ritirata di Russia. Sotto il pronao poi una artistica scultura in legno rappresenta Maria con le braccia aperte in atto di accogliere gli Alpini “veci e bocia” che si radunano devoti e oranti ai suoi piedi. All'interno del maestoso tempio, progettato dagli architetti Mario Ruggeri di Lecco e Mino Fiocchi, subito si è conquistati dal maestoso mosaico del presbiterio. Su sfondo oro Maria, in veste rossa con il manto blu, è raffigurata seduta in trono con in braccio il bambino Gesù (con  in mano una stella alpina). Nella mano destra Maria tiene una palma stilizzata, simbolo del premio eterno destinato a chi si impegna a difesa della libertà e in missioni umanitarie. Ai suoi piedi è raffigurato il classico stemma degli Alpini: un’aquila tra le rocce pronta a spiccare il volo e due fucili incrociati tra di loro. La rappresentazione delle armi è controbilanciata da due arcobaleni, simbolo biblico della fine del diluvio e del ritorno della pace sulla terra. Sotto il presbiterio è collocato un presepe che ricostruisce la scena della natività situandola nel borgo di Chiesa di inizio '900, opera di Nicola Soccol e Silvio Gaggi. Altro suggestivo richiamo agli Alpini è poi la preziosa teca collocata ai piedi della cappella del SS. Sacramento con statuine in pietra ollare che rappresentano gli Alpini in varie situazioni, pure essa opera di Silvio Gaggi realizzata nel 1994 e raffigurante l'Adorazione degli Alpini a Gesù Bambino in braccio a Maria. Nel Santuario si possono ammirare i pregevoli dipinti settecenteschi della Via Crucis opera dei Ligari, trasportati dalla antica chiesa parrocchiale dei SS. Giacomo e Filippo. Il campanone donato dal Gruppo di Chiesa Valmalenco nel 1989, anno di costruzione del campanile e della posa delle campane,  pesa 15 quintali e riporta la scritta "la Madonna degli Alpini protegga benedicente il cuore generoso degli strenui difensori delle Alpi". La festa liturgica del Santuario viene celebrata il 15 agosto, solennità di Maria Assunta in cielo. Fonte - Ecomuseo della Valmalenco  

Val Sassersa e i suoi Laghetti

La Val Sassersa è un luogo apparentemente fuori dai giri turistici, non difficile da raggiungere, ma per escursionisti esperti con buon allenamento.  I sentieri sono prevalentemente accessibili ed è richiesto un passo sicuro..  Aggirandosi fra dune detritiche si trovano le gallerie di alcune antiche cave per l'estrazione di materiale contenente rame. La tradizione vuole che si estraesse oro ma più probabilmente si trattava solo di normalissima calcopirite, importante minerale di rame. I laghi di Sassersa si trovano nell’omonima valle, incastonata in Valmalenco, e sono tre laghetti alpini di origine naturale a poca distanza l’uno dall’altro, tra quota 2300 e 2400 metri di altezza. Per raggiungerli e ammirare la natura incontaminata che li circonda – un paesaggio roccioso di alta montagna, quasi lunare – si percorre una parte dell’Alta Via della Valmalenco, partendo dall’alpe Pradaccio raggiungibile a sua volta da Primolo, poco sopra Chiesa in Valmalenco.   La leggenda dei laghetti di Sassersa Due giovani fratelli della Val Malenco, Giacomo e Giuseppe, d'estate portavano le loro mandrie a pascolare sugli alti pascoli soprastanti Chiesa e Primolo. Spesso scendevano a valle per portare i prodotti dell'alpe e per fare rifornimento di viveri e vettovaglie. Durante le loro discese in paese, i due avevano conosciuto e si erano innamorati di Alma (o Alina), figlia di un ricco notabile locale, bellissima quanto capricciosa. Ogni volta che incontrava i due fratelli, la crudele fanciulla si prendeva gioco di loro, li scherniva e li umiliava sottoponendoli ad impossibili prove d'amore, con la scusa che chi avesse vinto l'avrebbe avuta in moglie. Un giorno la ragazza si inventò che avrebbe sposato chi dei due fratelli fosse riuscito a raggiungere la più ardita vetta dell'alta Val Sassersa. Pieni di speranza Giacomo e Giuseppe caddero nell'ennesimo tranello e partirono alla volta della cima ma da essa non fecero più ritorno. Amici e parenti li cercarono per giorni e giorni, sembrava che la montagna li avesse inghiottiti. Per quanto in ritardo anche nel cuore insensibile di Alma, si aprì una breccia e, presa da rimorso, la ragazza decise di partecipare alle ricerche, per ore ed ore li chiamò invano. Sentendosi colpevole del suo crudele capriccio Alma cominciò a piangere copiosamente e cadde sfinita dal dolore. Da quel giorno, nei luoghi dove Alma si era fermata, aveva invocato e pianto rimasero tre laghetti di diverso colore. Il primo lago è nero come il lutto, il secondo, è verde, come verdi erano gli occhi di Alma, e il terzo, è azzurro come il cielo nel quale si sciolse il suo pentimento. La roccia della zona assunse inoltre un color rosso intenso forse in ricordo del sangue dei due fratelli caduti. Davanti il Pizzo Cassandra, dove si presume siano scomparsi Giacomo e Giuseppe, si trova una cima con due punte, che in Val Malenco chiamarono i Giumelin (i Gemellini) ora Pizzo Giumellino. ndr *racconta Ermanno Sagliani, nell'opera "Tutto Valmalenco" (Edizioni Press, Milano)

Ferrata del Torrione Porro

E' una ferrata di difficoltà moderata che si sviluppa in Valmalenco.

Ciaspole, che passione!- A scuola di montagna

Ciaspolata e attività didattica con le guide alpine

Il Santuario di San Luigi a Sazzo- Visita guidata

Una visita al santuario di Sazzo, per scoprire come mai in una amena località abitata da poche famiglie, ai primi del Seicento viene costruita una chiesa che subito diventa riferimento per una vasta area. La devozione popolare da sempre si concentra presso la cappella di San Luigi Gonzaga. Gli stucchi barocchi, gli affreschi, i ricchi arredi lignei sapranno sorprendervi. venerdì 11 agosto, ore 17.00 - 18.30 giovedì 24 agosto, ore 17.00 – 18.30 Ritrovo sul sagrato del santuario. Visita gratuita, per info e prenotazioni: Consorzio Turistico Sondrio e Valmalenco:tel. 0342 451150 oppure info@sondrioevalmalenco.it

Zenith landia Winter Park

dal 7 dicembre 2024 al 16 marzo 2025

Scuole Sci & Snowboard

In Valmalenco ci sono 2 scuole di sci: "Scuola Sci & Snowboard Valmalenco" ed "Enjoyski school".

Chiesa della Beata Vergine Immacolata

La Chiesa della Beata Vergine Immacolata rappresenta uno dei più significativi edifici religiosi dal punto di vista artistico e architettonico della Valmalenco. Fu edificata nel 1710 per volere dei frazionisti, probabilmente sulla spinta della edificazione di tante altre chiese di contrada che sorsero tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700 in tutta la valle. La facciata è molto semplice, ha tuttavia un bellissimo portale barocco eseguito nel 1740 da Giacomo Filippino, un valente mastro scalpellino, autore inoltre del bel portale del Santuario della Madonna di Primolo. I battenti in legno di noce riportano dieci riquadri ad intaglio. Il piccolo campanile fu realizzato nel 1721 e nell’anno seguente fu fatta fondere una campana da un mastro campanario del lago di Como. Alla sommità una banderuola metallica riporta la scritta traforata: AM FF-1750 (Andrea o Antonio Moizi – Fece Fare nell’anno 1750). L’interno della chiesa è a pianta quasi quadrata. Il pavimento è in pietra locale, fu collocato nel 1729, ed è l’unico ancora originale, rimasto tale nelle chiese di Lanzada. L’opera più pregevole e importante di questa chiesa è senza dubbio l’altare con la bellissima statua raffigurante la Madonna Immacolata con le mani giunte in preghiera, collocata in una nicchia al centro. L’ancona, in legno dipinto e dorato, è opera dello scultore veneto Giovan Battista Zotti che la realizzò nel 1711. La statua, realizzata in legno di noce dorato e policromato in cui prevalgono tinte accese come il blu e il verde, è notevole per la preziosità dei materiali e per la cura dei tratti. Nell’angolo a sinistra, prima del presbiterio, vi è un confessionale col pulpito sovrapposto in legno laccato di verde scuro a fregi dorati, e un baldacchino sovrastante il pulpito, sul quale è dipinta l’Immagine di S. Giovanni Battista nell’atto di predicare. Quest’opera, frutto di una mano molto esperta e raffinata, pur non essendo ancora stata attribuita, si direbbe realizzata, a detta degli studiosi, quasi sicuramente da qualche artigiano emigrato in Valmalenco dalla Repubblica di Venezia. Sulle pareti laterali sono affrescate la rappresentazione di Ester al cospetto di re Assuero e Mosè salvato dalle acque. Queste opere, anch’esse databili tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 sono attribuite al pittore Pietro Romegialli di Morbegno. Fonte - Ecomuseo della Valmalenco  

MTB-Chiesa, Alpe dell'Oro

Chiesa in Valmalenco, Val Rosera, sterrata lungo il torrente Mallero, Sabbionaccio, Sevenedo Inferiore, Chiareggio, Alpe dell’Oro - ritorno a Chiesa in Valmalenco

Marmitte dei giganti di Campo Franscia

Le marmitte dei giganti si trovano nella località di Campo Franscia, nei pressi della Chiesetta di S. Barbara. Si tratta di un'area aperta, sempre visitabile. UN PO' DI STORIA Le marmitte glaciali spesso chiamate marmitte dei giganti si sono formate quando i Dossi di Franscia erano sovrastati da una massa di ghiaccio, alta oltre 800 metri. Attraverso le crepe e le fratture presenti sulla superficie del ghiaccio, l’acqua di fusione raggiungeva la base della massa di ghiaccio, fino ad incontrare la roccia sottostante. Spinta dall’enorme pressione della massa glaciale, produceva dei vortici ad altissima velocità che, come un enorme tornio, scavava la roccia, creando queste cavità cilindriche dalle forme e dimensioni più variegate. La presenza di rocce, ciottoli e sabbia, trasportati dal ghiacciaio nel suo movimento verso valle, aumentava il potere erosivo dell’acqua. Nel caso delle marmitte dei Dossi di Franscia, questo processo era ulteriormente facilitato dalla presenza di detriti di origine granitica, più duri e resistenti rispetto alla roccia sottostante, la famosa serpentinite della Valmalenco di origine metamorfica. Così come ai Dossi di Franscia, la presenza di marmitte glaciali può essere osservata anche sul versante Nord delle Alpi Retiche, in vallate confinanti con la Valmalenco, ricoperte nei millenni dall’imponente coltre glaciale alpina. Situazioni simili si possono osservare presso i siti di Cavaglia in Valposchiavo (Giardino dei ghiacciai di Cavaglia), al passo del Maloja in Engadina e presso Chiavenna, all’imbocco della Val Bregaglia italiana, tutti situati su prominenze topografiche con grandi salti rocciosi a valle. Proprio per questo legame che unisce i versanti Nord e Sud del gruppo del Bernina e la storia naturale della Valmalenco con quella della Valposchiavo, questa installazione divulgativa è finanziata dal progetto interreg Italia-Svizzera denominato B-ICE Terra Glacialis. (testo tratto dai pannelli espositivi presso le marmitte dei Giganti di Franscia)

L'antico Giovello

Le pietre verdi della Valmalenco, da secoli estratte e lavorate nell'omonima area geografica, erano e sono tuttora parte integrante di una realtà sociale, culturale ed economica che affonda le sue radici nella immemorabile tradizione artigianale raccolta e trasmessa per secoli di padre in figlio. Il muro di pietra naturale che separava la conca di Chiesa dall'alta valle fu denominato "Giovello". In età medioevale qualcuno osservò che gli strati di roccia affiorati si presentavano marcatamente divisi in lamelle molto sottili. Fu così che i Malenchi, già esperti nello scavo delle locali miniere di ferro, sperimentarono le prime tecniche di scavo e lavorazione del Serpentinoscisto.L'enorme volume di deposito detritico che ricopre tutta l'area è lo scarto di lavorazione delle numerose miniere sotterranee. Diverse centinaia di persone umili e caparbie, aggregate in originali forme di corporazione dette "compagnie", per secoli, ogni mattina all'alba si sono incamminate verso le miniere ad affrontare il duro lavoro di cavatore e spaccapietre. Il prodotto realizzato è la "pioda della Valmalenco" che, grazie alle caratteristiche fisico meccaniche uniche, alla secolare durata e al pregievole aspetto estetico, trova un impiego assai diffuso nelle coperture dei tetti. Le fasi della produzione manuale della Pioda, caratterizzate da una gestualità precisa e costante e dal particolare suono sprigionato durante la lavorazione, sono rimaste immutate nel corso dei secoli. L'area dell' antico "giovello" è stata definitivamente abbandonata alla fine degli anni '80 ed è attualmente oggetto di un progetto di valorizzazione che include il ripristino della sentieristica, la collocazione di cartelli informativi ed il ripristino di un laboratorio e di una miniera da adibirsi a museo: un percorso che permetta al visitatore di immergersi nelle radici di un'attività che ha segnato profondamente la vita sociale ed economica della Valmalenco.